UNA STORIA CHE PARTE DA LONTANO
10 DICEMBRE 1978: LA FIRMA DEL PRIMO CCNL DEGLI STUDI PROFESSIONALI
Intervista al geologo Andrea Maniscalco, uno dei protagonisti di quella storica tappa.
Memorabili quegli anni, avrebbe detto qualcuno. Certo, il 1978 passerà agli annali della storia per gli esperimenti nucleari francesi sull’isola di Mururoa, per la prima e-mail di spam inviata in California o per la caduta del regime franchista in Spagna. In Italia è la cronaca a tenere banco, con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, la morte di papa Luciani o – per restare sull’attualità – il varo della legge che depenalizza l’aborto, la scala mobile e le tensioni sindacali. Ma il 1978 rappresenta anche una svolta epocale per i professionisti italiani. E a quasi 30 anni da quello storico 10 dicembre 1978 che ha dato forma e sostanza al primo Ccnl per i dipendenti degli studi professionali, Andrea Maniscalco, geologo e attuale presidente del Singeop, il Sindacato nazionale dei geologi professionisti, ricorda quella firma come uno spartiacque per il pieno riconoscimento dei liberi professionisti nel sistema economico e sociale del Paese.
Quel 10 dicembre 1978, Lei era seduto intorno a quel tavolo per la firma del primo contratto degli studi professionali. Che aria si respirava allora?
All’epoca le relazioni sindacali erano molto più conflittuali di oggi. Ricordo che le trattative che portarono alla firma del Ccnl iniziarono nel 1972 per concludersi appunto sei anni dopo: un enormità. Al centro della contrattazione, allora più di oggi, vi era la scarsa consapevolezza delle specificità dei liberi professionisti, che venivano considerati imprenditori; allo stesso modo gli studi professionali venivano confusi con le imprese commerciali. Il Ccnl del 1978 fu quindi il punto di partenza, concreto e tangibile, per arrivare ad occupare un nuovo ruolo nel contesto socio-politico-economico del Paese, pur con le tante inevitabili criticità delle quali eravamo tutti consapevoli.
Quali criticità?
Nella lunghissima fase negoziale della contrattazione furono messi in evidenza alcuni temi centrali, come la precarizzazione del lavoro professionale e l’impossibilità di misurare l’effettiva incidenza dei professionisti sul mercato del lavoro, sia che si trattasse di committenza pubblica che privata. In quel contesto, le tariffe apparivano una difficoltà insormontabile.
Cioè?
In assenza di un regime di libera concorrenza il vincolo delle tariffe, imposte dallo Stato, rendeva sbilanciato il rapporto tra il costo del lavoro (dovuto ai collaboratori) e il mancato adeguamento degli onorari. In particolare, le professioni tecniche acquisivano incarichi mediante concorsi pubblici, economicamente basati su tariffe non aggiornate e vecchie di qualche anno.
E il Ccnl poteva superare questi scogli?
Quel contratto fu firmato nella ferma convinzione che costituiva un passo fondamentale per le categorie professionali, anche se avevamo la consapevolezza che l’impegno di salari garantiti ai collaboratori ci avrebbe messo in una situazione oggettiva di maggiore difficoltà. La scoglio principale allora era dato dalla scala mobile, presente in tutti i contratti, che indicizzava le retribuzioni a fronte di tariffe spesso obsolete.
Si direbbe un contratto penalizzante…
Se nel 1978 non avessimo subito la logica della contrattazione sindacale e non avessimo dato al rapporto di collaborazione con i dipendenti una diversa dignità normativa e giuridica non avremmo mai avuto un peso politico e un ruolo sociale nel contesto economico del Paese. E comunque non era un contratto penalizzante
Perché?
Già allora eravamo convinti che ritenere il Ccnl unicamente un vincolo economico era una visione miope, perché il contratto rappresentava piuttosto uno strumento fondamentale per l’accreditamento politico dei liberi professionisti e il riconoscimento della loro funzione di parte sociale. Un obiettivo irrinunciabile. D’altra parte, in assenza di adeguati strumenti normativi le controversie, che già allora nascevano numerose, venivamo concluse dai giudici del lavoro applicando istituti contrattuali non pertinenti agli studi professionali. Quel contratto, insomma, conteneva già tutti gli aspetti fondamentali che identificavano compiutamente il mondo del lavoro professionale e già ne delineava i profili.
Si ricorda gli altri professionisti che furono testimoni di quell’evento storico?
Certo. Ma dobbiamo precisare che allora firmavano i rappresentanti delle singole Associazioni. Oggi firmano, invece Confprofessioni (Confederazione Sindacale Italiana Libere Professioni, un tempo Consilp), Confedertecnica (Confederazione Italiana Professioni Tecniche) e Cipa (Confederazione Sindacale Professionisti e Artisti). All’epoca la trattativa avveniva al Ministero del Lavoro e il Ministro era il mediatore delle relazioni sindacali.
I padri del contratto?
Fra i protagonisti di quelle giornate epocali ricordo: l’ingegner Leo Calini e il ragionier Vallerai, i fondatori della Consilp; il dottor Giovanni Siano e l’avvocato Enrico Siano, segretari generali della Consilp; l’architetto Carlo Daniele, insieme al collega Mino Mini. E poi il dottor Mauro Porcelli in rappresentanza dei consulenti del lavoro; il dottor Luigi Pezzi, per i Commercialisti; il geometra Stefano Porta e l’avvocato Maurizio De Tilla, attuale presidente dell’Adepp.