Scriveranno le Linee Guida per la progettazione di interventi di mitigazione dei rischi
12/11/2015 – Una Commissione per la stesura delle Linee Guida per la progettazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. L’hanno costituita Confprofessioni e Singeop (il Sindacato Nazionale dei Geologi aderente alla Confederazione Italiana dei liberi professionisti), per contrastare il dissesto idrogeologico nel nostro Paese.
La Commissione Singeop-Confprofessioni si ispira ad “ItaliaSicura”, la task force del Governo contro il dissesto idrogeologico, per le infrastrutture idriche e l’edilizia scolastica, che coordina tutte le strutture dello Stato (Ministeri, Protezione civile, Regioni, Enti locali, Consorzi di bonifica, Provveditorati alle opere pubbliche, Genio Civile ed enti e soggetti locali), nella realizzazione di interventi per oltre 2,4 miliardi di euro, finalizzati a ridurre le emergenze.
“Il dissesto idrogeologico è un’emergenza sociale e la peculiare versatilità che ci vede interpreti per le esigenze della collettività, è chiamata a partecipare con tutte le forze intellettuali presenti nella nostra confederazione”, ha dichiarato Guglielmo Emanuele, presidente di Singeop, annunciando la nascita della Commissione pochi giorni prima della firma degli Accordi di Programma Quadro tra Governo, Regioni e Comuni che, lo scorso 4 novembre, ha siglato l’avvio del Piano Città Metropolitane.
Di cambiamenti climatici e vulnerabilità per l’Italia, Singeop ha parlato anche durante un workshop organizzato dalla LILT (la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), lo scorso 1° ottobre a Milano, presso l’area espositiva Cascina Triulza a Expo 2015, dimostrando con dati scientifici la correlazione tra geologia e salute e le conseguenze dell’impatto dell’uomo sull’ambiente.
Le considerazioni del Sindacato Nazionale dei Geologi sono state sintetizzate in nove punti:
1. possibile peggioramento delle condizioni già esistenti di forte pressione sulle risorse idriche, con conseguente riduzione della qualità e della disponibilità di acqua, soprattutto in estate nelle regioni meridionali e nelle piccole isole;
2. possibili alterazioni del regime idro-geologico che potrebbero aumentare il rischio frane, flussi di fango e detriti, crolli di roccia e alluvioni lampo. Le zone maggiormente esposte al rischio idro-geologico comprendono la valle del fiume Po (con un aumento del rischio di alluvione) e le aree alpine ed appenniniche (con il rischio di alluvioni lampo);
3. possibile degrado del suolo e rischio più elevato di erosione e desertificazione e diverse regioni del Nord che mostrano condizioni preoccupanti;
4. maggior rischio di incendi boschivi e siccità per le foreste italiane, con la zona alpina e le regioni insulari (Sicilia e Sardegna) che mostrano le maggiori criticità;
5. maggior perdita di biodiversità e di ecosistemi naturali, soprattutto nelle zone alpine e negli ecosistemi montani;
6. maggior rischio di inondazione ed erosione delle zone costiere a causa di una maggiore incidenza di eventi meteorologici estremi e dell’innalzamento del livello del mare (anche in associazione al fenomeno della subsidenza, di origine sia naturale sia antropica);
7. potenziale riduzione della produttività agricola soprattutto per le colture di frumento, ma anche di frutta e verdura; la coltivazione di ulivo, agrumi, vite e grano duro potrebbe diventare possibile nel nord dell’Italia, mentre nel Sud la coltivazione del mais potrebbe peggiorare e risentire ancor più della scarsa disponibilità di acqua irrigua;
8. possibili ripercussioni sulla salute umana, specialmente per i gruppi più vulnerabili della popolazione, per via di un possibile aumento di malattie e mortalità legate al caldo, di malattie cardio-respiratorie da inquinamento atmosferico, di infortuni, decessi e malattie causati da inondazione ed incendi, di disturbi allergici e cambiamenti nella comparsa e diffusione di malattie di origine infettiva, idrica ed alimentare;
9. potenziali danni per l’economia italiana nel suo complesso, dovuti alla possibilità di un ridotto potenziale di produzione di energia idroelettrica; a un’offerta turistica invernale ridotta (o più costosa) e minore attrattività turistica della stagione estiva; a un calo della produttività nel settore della pesca; ad effetti sulle infrastrutture urbane e rurali con possibili interruzioni o inaccessibilità della rete di trasporto con danni agli insediamenti umani e alle attività socio-economiche.
Nel ricordare che la regione maggiormente colpita da frane, tra il 1963 e il 2012, è il Veneto, Guglielmo Emanuele ha infine auspicato che cada quanto prima “la logica perversa quanto pericolosa del ‘speriamo che qui non accada’, una speranza che ha portato l’uomo a stabilire un rapporto impari e sbagliato con la natura”.
fonte: edilportale.it